mercoledì 24 febbraio 2016

La città di Gaya

Gaya è una città indiana di quasi 900.000 abitanti (al censimento del 2011), situata nello stato del Bihar, a circa 250 km da Varanasi e 500 km da Calcutta.
Nei circuiti turistici internazionali è vagamente nota per la presenza della stazione ferroviaria (e recentemente anche di un piccolo aereoporto internazionale) più vicina a Bodhgaya, un frequentato luogo di culto buddista.
Per i devoti indù, soprattutto delle aree limitrofe, Gaya è invece un’importante città sacra, grazie al Vishnupad Mandir, un grande tempio dedicato a dio Vishnu, ed all’essere un luogo particolarmente propizio per i riti funebri ed i rituali dedicati agli antenati.
Purtroppo il Bihar è uno stato piuttosto povero ed arretrato, caratteristiche che si rispecchiano ampiamente anche nella città di Gaya.
Il Vishnupad Mandir è situato nei pressi del sacro fiume Falgu e letteralmente significa L’impronta di Vishnu, in quanto il dio lasciò qui un’impronta, conservata su una lastra di pietra, intorno alla quale è stato costruito il tempio.
Grazie a lunghi anni di dure pratiche ascetiche, il demone Gayasurya ricevette il dono che chiunque avesse posato gli occhi su di lui, avrebbe ottenuto la moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite.
Vishnu però si accorse che in questo modo si sarebbero liberate anche persone non meritorie, così chiese al demone di sparire sotto terra e per aiutarlo pose un piede sulla sua testa.
Nonostante l’antichissima sacralità del luogo, l’attuale edificio, costruito in stile nagara, è piuttosto recente, fine XVIII secolo, a causa di ripetute distruzioni da parte degli invasori mussulmani, ma rappresenta comunque un ottimo esempio di architettura sacra del nord dell’India di quel periodo.
Nel complesso del tempio è presente anche l’akshayavat, un albero di bo o pipal (ficus religiosa), considerato immortale ed un luogo particolarmente propizio per eseguire il rituale del pindadan, offerta di cibo (pinda) agli antenati.
L’ingresso è vietato ai non-indù, quindi bisogna accontentarsi di osservarlo dall’ingresso principale e da una piccola costruzione nel piazzale antistante; con un po’ di intraprendenza, e una piccola mancia, si può chiedere ai gestori dei negozi situati di fianco all’entrata di accedere al retro dei loro esercizi, dai quali è possibile osservare qualche dettaglio del cortile interno.
Percorrendo per qualche centinaio di metri il largo sentiero lastricato che diparte in discesa alla sinistra dell’entrata del tempio, si giunge in un grande campo crematorio situato sulla riva del fiume.
L’area principale, dove possono essere eseguite 7-8 cremazioni, è protetta da una grande tettoia ed ospita un paio di piccoli e interessanti santuari, ma molte cremazioni avvengono più informalmente nell’ampio letto del fiume che, essendo stagionale, per la maggior parte dell’anno è asciutto.
In particolare i pellegrini poveri dei villaggi vicini trovano molto più conveniente portarsi da casa il necessario per i rituali, cioè sacerdote, legna e offerte, piuttosto che utilizzare i costosi servizi prestati in loco.
Sull’altra sponda del fiume, ai piedi di una verdeggiante collina, si può notare un piccolo complesso di templi ed ostelli per asceti, che non sembra godere di una particolare importanza religiosa, ma offre un’atmosfera tranquilla, dei piacevoli scorci ed un ampio panorama sulla città.
Per raggiungerlo, durante i periodi di secca, si può attraversare il grande e sabbioso letto del fiume e guadare le poche zone dove scorre l’acqua, oppure ci si può servire del lungo ponte che si nota nei pressi.
Tornando nella zona del campo crematorio e risalendo per qualche centinaio di metri una strada sterrata che procede verso l’interno, si giunge al Mangla Gauri Temple, un importante tempio della tradizione shakta, essendo uno dei 51 shakti peeth, i luoghi dove caddero i pezzi del corpo di Sati, la prima moglie di Shiva (per i dettagli rimandiamo ad un post dedicato all’argomento http://informazioniindiaenepal.blogspot.com/2016/02/sati.html).
In realtà questo tempio non compare nella più accettata lista di questi luoghi sacri, ma viene citato in una lista minore di 18, secondo la quale qui caddero i seni della dea.
A parte i pur frequenti periodi di festa, questo tempio è relativamente tranquillo ed essendo la costruzione attuale piuttosto moderna e anonima non offre nessun particolare spunto architettonico, ma è un ottimo esempio della tipica atmosfera dei templi dedicati alle divinità femminili, dalla tipologia delle offerte, al colore rosso predominante in quanto favorito della dea.
Oltre a questa importante ed attiva area religiosa nei pressi del Vishnupad Temple, attorno alla città sorgono tre colline, anch’esse ritenute sacre a vario titolo e luoghi propizi dove eseguire i rituali per gli antenati.
La più interessante di queste colline è probabilmente la Brahmayoni Hill, che riveste una notevole importanza sia per gli indù che per i buddisti, ed è la più facile da raggiungere visto che si trova non molto lontano dal Vishnupad Temple.
Per gli indù la sacralità deriva dall’essere citata come luogo auspicioso già nell’antico poema epico Mahabharata come residenza, o una delle residenze, del dio Brahma, mentre per i buddisti questa ripida collina è sacra poichè qui il Buddha promulgò il noto Adittapariyaya Sutta, o più semplicemente Il sermone del fuoco, il terzo discorso dopo aver ricevuto l’illuminazione nella vicina Bodhgaya.
Poco prima della cima si trovano un paio di grotte, poco più di due spaccature nella roccia, passando attraverso le quali pare si esperienzi la rinascita: il nome stesso Brahmayoni, dato anche ad una di queste grotte-tempio, significa letteralmente La vagina di Brahma e rappresenta l’energia femminile del dio.
Nello spiazzo sulla cima si trovano alcuni templi dedicati a divinità femminili ed al rituale del pindadan.
La vista offerta è molto panoramica, seppur in realtà il soggetto, cioè la città sottostante e la campagna attorno, non sia poi così interessante.
Le altre due colline sacre sono la Pretshila Hill e la Ramshila Hill, legate entrambe al dio Rama, il quale le visitò per offrire il pinda ai propri antenati.
Alla base della Pretshila, situata in un contesto molto bucolico in aperta campagna, si trova una grande vasca di mattoni dove pare Rama abbia compiuto le abluzioni prima di salire sulla cima per compiere i rituali.

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