giovedì 22 settembre 2016

Breve cenno ai shaligram

Shaligram è il nome dato alle conchiglie fossili di colore nero rinvenibili sulle rive del fiume Kali Gandaki,

in Nepal, specialmente nelle zone più remote tra le alte montagne himalayane.
Oltre ad un certo interesse geologico, secondo la religione induista i shaligram sono considerati una rappresentazione aniconica (senza forma) del dio Vishnu.

Biologicamente i shaligram sono fossili di ammoniti risalenti al giurassico, per l’esattezza circa 100 milioni di anni fa, e si tratta di varie specie di molluschi caratterizzati da una conchiglia esterna.
La maggiore parte dei shaligram più comuni sono cocci neri tondeggianti che vengono spaccati a metà per svelare il fossile al loro interno.
I più comuni sono quelli rotondi spiraliformi, ma se ne trovano anche ovali o allungati.

Dal punto di vista religioso, l’uso dei shaligram pare sia stato diffuso intorno al IX secolo dal filosofo Adi Shankaracharya nel suo riuscito tentativo di rivitalizzazione dell’induismo.
In particolare i shaligram vengono citati in due suoi commentari di antichi testi, il Taittirya Upanisad, forse creato attorno al VI-V secolo a.C., ed il Brahma Sutras, un testo le cui origini vengono individuate, molto approssimativamente, tra il 450 a.C. ed il 200 d.C., dove l’uso di questi fossili nella devozione verso Vishnu viene considerata una pratica antichissima.
In Nepal, dove vengono rinvenuti la maggior parte dei shaligram, vi sono ancora alcuni rari templi in cui la divinità principale è venerata sotto forma di grandi fossili.
Nonostante un eccessivo sfruttamento potrebbe in futuro far diminuire la disponibilità di shaligram, al giorno d’oggi sono ancora diffusissimi nei negozi turistici e religiosi di tutto il Nepal a prezzi modici, comunque variabili in base a dimensioni, conservazione e rarità.

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